piccole storie per grandi nomi

Gocce di Giacomo

Giacomo gocciolava. Come si muoveva iniziava a sciogliersi tutto. Come un ghiacciolo fuori dal freezer. Dagli occhi gocciolava il verde, i capelli svolazzavano spruzzi di giallo, il nero cadeva dai gomiti e ogni dito della mano perdeva una tonalità: il mignolo rosa, l’anulare rosso, il medio blu, l’indice arancione. Dalle ginocchia fluiva il beige e i piedi sguazzavano inesorabilmente sul bianco.

Il pavimento della sua casa era un intreccio inestricabile di colore. Per tutti era Giacomo il gocciolatore. 

Era anche buffo da vedere con quella doccia arcobaleno che gli scivolava addosso e orde di pittori e imbianchini che lo seguivano con i secchi per far scorte di colore gratis.

Negli ultimi tempi però, si vedeva sempre meno spesso. Sonny, il vicino, era infuriato perché si era ritrovato la sua bella staccionata bianca ricoperta di pois multicolore, Anita, la fruttivendola, si ritrovava ogni volta i colori della frutta tutti scombinati: arance bianche, papaya blu, angurie rosa e banane grigie. Anche Marta gli aveva fatto intendere, con modi garbati, che avrebbe preferito passasse alla larga dal suo negozio, perché la gente si era stufata e i fiori li voleva con i colori originali. Allora Giacomo si era deciso a passare sempre più tempo tra quattro mura della sua casa all’830 di Fireplace Road ad East Hampton, Long Island. Un giorno passò di lì Peggy, una curatrice d’arte e sbirciando dalla finestra rimase esterrefatta dalla danza dei colori creata dal suo volteggiare e saltare di qua e di là che veniva catturato dal pavimento come fosse uno specchio. Bussò immediatamente alla sua porta e lo invitò nella sua galleria d’arte. Peggy organizzò un grande evento, invitando tutta la città, e posizionò al centro della grande sala una tela enorme su cui Giacomo non doveva fare altro che sentirsi a casa, libero.

Finita l’inconsapevole esibizione, Peggy chiese a un coloratissimo Giacomo come volesse intitolare il suo capolavoro. Guardando i 15 addetti che a fatica sollevavano l’ingombrante tela poggiandola alla parete, disse: “Mural”. Da quel giorno tutti fecero a gara a chi riusciva a invitare Giacomo nella propria casa per possedere uno dei suoi preziosissimi dipinti.