Vivian

Vivian era invisibile. Si muoveva tra la gente senza essere notata. Aveva un corpo, a cui era appesa una strana scatola che penzolava sul petto, ma nessuno, tranne i bambini, la vedeva. Guardavano distrattamente la sua ombra, senza badare al corpo che, oscurando la luce, la proiettava. Perché i grandi non badano alle ombre ma ai corpi che le tengono schiave, i bambini invece con le ombre ci giocano, le rincorrono, si impressionano quando diventano dei giganti senza fine e ridono quando diventano piccole, quasi da scomparire sotto la suola delle scarpe. Vivian si spostava nel mondo così, senza farsi notare e guardava.

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Gocce di Giacomo

Giacomo gocciolava. Come si muoveva iniziava a sciogliersi tutto. Come un ghiacciolo fuori dal freezer. Dagli occhi gocciolava il verde, i capelli svolazzavano spruzzi di giallo, il nero cadeva dai gomiti e ogni dito della mano perdeva una tonalità: il mignolo rosa, l’anulare rosso, il medio blu, l’indice arancione. Dalle ginocchia fluiva il beige e i piedi sguazzavano inesorabilmente sul bianco.

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