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Acrobati da tavola: la verticale di polenta.

Ultimamente ci sta capitando spesso di sentir parlare di verticali, partendo dai vini, passando per l’avocado, fino a scivolare sull’uovo, siamo finiti in questo mondo che si srotola verso l’alto, scivolati all’insù, una Alice sottosopra nella tana del bianconiglio in costante arrampicata, con invidiabili doti acrobatiche.

Sfruttando la nostra pigrizia cronica che ci impediva di abbandonare le calde mura di casa, anche abbandonare le coperte si è rivelato tutt’altro che semplice, abbiamo deciso di cimentarci in un numero acrobatico da far invidia ai Togni e agli Orfei: la verticale svuotafrigo.

– Piccola parentesi. Il termine acrobazia può sembrarvi solo in gioco di parole, ma se mi aveste visto, fare la seguente foto, in bilico su una scala tentando di centrare il tavolo e tutto il resto con la macchina fotografica, capireste che non sto usando parole a caso. Giochi che scappano di mano. –

Allora, per fare una verticale serve naturalmente una base sulla quale poggiarla, e la scelta è caduta sulla Polenta per due motivi:

1 Era un po’ che non ci imbattevamo in lei: l’ultimo incontro risaliva a diversi mesi fa, con una polenta classica con baccalà mantecato. Tipico piatto Veneto, anche se loro usano la polenta bianca.

polenta

2 La nostra dispensa era dotata di ben due confezioni differenti di Polenta Valsugana: quella ai cinque cereali e quella integrale.

Polenta Valsugana
Polenta Valsugana

Quindi, trovato l’appoggio, abbiamo innalzato la nostra verticale fin ad arrivare al dolce, ma prima siamo passati dal frigo, che fortunatamente è stato più generoso del solito: tipo ora vorrei accompagnare la scrittura con uno spuntino, ma un vuoto abissale assorbe i richiami del mio ventre.

Prima di dirvi e mostrarvi, cosa le nostre menti, abbinate al nostro frigo, son riuscite a creare, due curiosità (e una leggenda) che abbiamo trovato gironzolando sul web.

La storia della Polenta

Lo sapevate che i Romani erano dei gran mangiatori di polenta? Al tempo veniva chiamata “puls”, e in epoca repubblicana era un cibo tanto comune che i romani venivano chiamati dai greci pultiphagi o pultiphagonides, “mangiatori di puls”, polentoni insomma. Ma la storia della polenta si perde nella notte dei tempi.

Era  già usata dai Sumeri e in Mesopotamia dove era preparata con miglio e segale. Insomma esiste da sempre, solo che prima della scoperta dell’America veniva fatta con cereali diversi dal mais: farro, il grano saraceno, miglio, sorgo o panico.

Dal 1700 divenne un piatto tipico nelle regioni del nord Italia, nelle sue innumerevoli varianti: la taragna, tipica della Valtellina, la pulénta vüncia (unta) e quella cròpa. La pult, una polentina molle presente nella zona del lago di Como che si mangia intinta nel latte freddo. La polenta concia valdostana con formaggio fuso.

Una nota a parte merita la tradizionale polenta di Tossignano, in Romagna.

Nel febbraio del 1622, il governatore di  Tossignano, il duca Leonardo Scincia da Sermoneta, a seguito di un lungo periodo di carestie e pestilenza, , impose che il martedì grasso si distribuisse gratuitamente a tutta la popolazione polenta al sugo e vino in quantità; tradizione che da allora si rinnova ogni anno.

Una polenta servita in pani tagliati con il filo di cotone, e condita con un ragù di carne di maiale e di manzo, abbondantemente ricoperta da formaggio Grana grattuggiato.

Curiosità e leggende

Quando cerco qualcosa sul web, mi piace scoprire aneddoti ad esso legate, e sulla polenta oltre ad aver scoperto che viene citata in Dracula di Bram Stoker : “Per colazione ancora paprika, una specie di semolino di granoturco che chiamano mamaliga, e melanzane ripiene di carne trita ”, ho trovato  una leggenda che arriva dal Sudan che ricorda molto quella cinese sulla notte e il giorno:

Un tempo Sole e Luna, vivevano insieme d’amore e d’accordo. Accadde però, un giorno, che Sole, tornato a casa dal solito giro intorno al mondo, non trovasse la cena pronta;

Luna si era lasciata vincere dalla pigrizia e aveva sonnecchiato tutto il giorno.

Va’ almeno a prendere l’acqua – le ordinò di malumore il marito.

Niente. Luna ciondolava di qua e di là e non si muoveva.

Brontolando, Sole riempì un paiolo d’acqua e, acceso fuoco, si dispose a cuocere la polenta.

Luna stava a guardare.

A cottura ultimata, Sole rovesciò sul tagliere il cibo fumante e si dispose a cenare.

Non si era ancora seduto che Luna si precipitò sulla polenta e se ne tagliò un’enorme fetta.

A quella vista Sole perdette quel poco di pazienza che gli era rimasto:

Ah! infame pigraccia! Per mangiare sei lesta, ma in quanto a sfacchinare in cucina, è toccato a me, – disse. E, afferrato il tagliere con la polenta sopra, – lo scagliò in faccia a Luna che, dolorante e vergognosa, corse a nascondersi.

Da allora Sole e Luna non si sono più rappacificati.

Non sono più usciti insieme per le vie del cielo e Luna attende, per mostrarsi, che il marito si sia ritirato.

Così noi la vediamo sola, nel cielo, ancora tutta gialla di polenta.

Ok, torniamo in verticale.

E polenta sia. Abbiamo creato tre piatti, in forme e gusti molto differenti:

Un tortini di polenta integrale con broccoli ripassati in padella con aglio e peperoncino.

Uno sformato sempre con polenta integrale, di melanzane arrostite, stracciatella e spolverata di noce moscata.

E il dolce? Cubetti di polenta ai cinque cerali con marmellata di pompelmo rosa e frutta secca.

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Sapete come si prepara?

Niente di più semplice: farina di cereali, acqua, sale, paiolo e batocchio. Il paiolo è la tradizionale pentola di rame o ghisa, con i bordi alti e il manico ribaltabile, usata per la cottura nel camino, mentre il batocchio è il bastone, quello che ha Arlecchino nella cinta , per capirci, per mescolare la polenta. No, non avevamo nessuno dei due e nemmeno il camino.

La ricetta:

  1. Salare L’acqua e portarla a ebollizione
  2. Aggiungete la farina (1/4 della quantità d’acqua) a pioggia e mescolare bene con una frusta, in modo da non far formare grumi.
  3. Portate a cottura (circa 8 minuti, noi abbiamo usato la farina istantanea, per quella bramata ci vuole un’oretta), mescolare continuamente, sempre nello stesso verso, in modo da non farla attaccare.
  4. La polenta sarà pronta quando inizierà a staccarsi dai bordi della pentola.
  5. Condite e servite a piacimento, come avrete notato c’è l’imbarazzo della scelta.

 

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