Il mestiere della Mamma

Gravidanza, corso preparto, post parto & co

Come dovrebbe comportarsi una brava mamma durante la gravidanza e nei primi anni di vita del bambino?

L’allattamento è un diritto, un dovere, un piacere o una cosa fastidiosa?

Si deve partorire a casa, all’ospedale, sdraiati, in piedi o in acqua? 9 mesi d’amore o di fastidi e situazioni sgradevoli? Devi partorire con dolore o anche no?

Nei primi anni dobbiamo vivere in simbiosi con i nostri figli? È sbagliato tornare al lavoro troppo presto e lasciare l’educazione dei figli ai nonni, alle babysitter o agli asili?

E poi, svezzamento o autosvezzamento? Pannolino fino a che età? E il ciuccio? È sbagliato farli dormire nel lettone? Asilo a tutti i costi?

Le domande naturalmente potrebbero continuare all’infinito, perché su ogni aspetto della vita di un bambino ci sono mille approcci, teorie, giudizi (spesso non richiesti) e punti di vista.

Diventare genitore è un salto nel vuoto, è catapultarsi in un’altra dimensione, è diventare anche un’altra persona, è stravolgere la propria quotidianità, è bellissimo, a mio parere la cosa più bella che possa capitare, ma è anche difficilissimo e spiazzante, è imparare una nuova vita.

Troppi stereotipi tengono le mamme legate a obblighi che non hanno ragione di esistere e rinchiuse dentro gabbie di stupidità che le caricano di eccessive responsabilità.

Io sono all’ottavo mese di gravidanza, sono mamma di un bimbo di due anni e mezzo e vi assicuro che in questo tempo relativamente breve mi  sono imbattuta in montagne di luoghi comuni, stereotipi, tuttologi dell’ultima ora, ma soprattutto frasi tipo: stai sbagliando, sei esagerata, si fa così, non si fa così. Appena si colorano le due lineette blu scopri che c’è un mondo là fuori più bravo di te a fare qualsiasi cosa, ma “fortunatamente” con un’irrefrenabile voglia di insegnarti il mestiere del genitore.

È un problema di empatia, che io ho riscontrato anche in chi dovrebbe essere preposto a prepararti a questa nuova esperienza e che purtroppo ho vissuto anche durante il travaglio: non mi son state offerte alternative, opzioni, dovevo stare sdraiata anche se quella posizione mi provocava dolori e un malessere generale insopportabile.

Oggi, fortunatamente, affronto questa nuova gravidanza con molta più consapevolezza. Dopo essermi documentata, ma soprattutto a due anni e mezzo dalla prima volta, ho più chiare le fasi del percorso che porteranno alla nascita del mio secondo figlio e mi sto preparando in modo da viverlo nel modo meno traumatico possibile.

Da poco ho seguito il corso,Parto senza Paura, tenuto da Dalila Coato, che devo dire mi ha trasmesso un’energia positiva e maggiore serenità. A differenza del corso preparto, brusco, poco empatico, anche nel lessico, fatto di “morsi del giaguaro”, esempi splatter, dovuti a un mal riuscito tentativo di sdrammatizzazione e disperata ricerca dell’ironia, che hanno solo aumentato le mie paure e le mie insicurezze.

Io penso che ci sia bisogno di maggior delicatezza, di minor cinismo, soprattutto da parte di medici, infermieri, ostetriche. Per esempio, la mia esperienza del post-parto è stata ottima, tutto il personale ospedaliero è sempre stato molto disponibile, paziente, premuroso, oserei dire materno.

Perché ho parlato del corso di Dalila? Perché il suo approccio è delicato, è premuroso, è quello di una donna, ostetricamadre, che conosce la situazione psicologica che vive una gestante. Lei ti prende per mano mostrandoti il percorso che hai davanti, ti spiega il perché del dolore e i modi migliori per gestirlo, ti mostra tutte le possibilità, valutando pro e contro, porta la sua esperienza e fa tutto questo in modo delicato, come un caldo abbraccio. È empatica, perché sa di parlare con delle persone probabilmente spaventate, piene di dubbi e insicurezze, che hanno bisogno di capire e essere capite.

Questa situazione di insicurezza, paura, alle volte anche inadeguatezza perdura per diverso tempo, e alle volte anzi si moltiplica, anche dopo il parto.

Il mostro mitologico del “Sifacosì” e il parente stretto “Nonsifacosì” si impossessano di parenti, amici e dello sconosciuto in fila assieme a te alle poste o alla cassa del supermercato. Tutti hanno la ricetta giusta. A tutti, mentre tu restavi incinta, è stata infilata nel taschino la verità assoluta, e soprattutto, tutti, sono concordi su un fatto “oggettivo”: tu stai sbagliando.

Si parte dalle leggi divine sull’allattamento, che se non lo fai sembri una criminale, per proseguire con la giusta alimentazione, che cambia sempre con chiunque parli ma resta sempre l’unica giusta, per poi spostarsi sulle teorie del sonno, del ciuccio, del lettone, del pannolino, della vivacità, delle capacità motorie e di tutte le fasi di crescita e sviluppo della personalità di tuo figlio che (semplificando) si possono sintetizzare con: sei proprio fortunata per gli aspetti positivi; è colpa tua per quelli ritenuti negativi.

Il problema più grande è però il perbenismo imperante che vede la maternità come uno stato di mistica elevazione in cui gli unici sentimenti autorizzati sono l’amore, la bellezza e la felicità. Per me i primi giorni di maternità sono stati un’ubriacatura d’amore e bellezza, che oggi non si è ancora esaurita, ma è stata intervallata anche da momenti, periodi anche lunghi, di stanchezza devastante, dolori, malessere fisico perdurante, estremo nervosismo da stress e mancanza di sonno. Ci son momenti in cui ti verrebbe voglia di urlare perché proprio non lo sopporti più, perché sei stanca e vuoi solo dormire, momenti in cui ti senti arrabbiata e stufa, ma sono cose normali, non  sei un mostro, non sei una cattiva madre, hai solo bisogno di qualche ora di sonno e di una valvola di sfogo, è lo stress, è la stanchezza che parla. Non è tutto bello, non è solo amore. La maternità, oltre a tutta la bellezza, si porta dietro anche momenti meno gradevoli, ma quell’esserino magnifico possiede tutta la forza necessaria per farteli superare.

Il compito di chi ti sta attorno dovrebbe essere di sostegno e non  passare il tempo a giudicare il tuo modo di essere genitore o a dare consigli non richiesti. Un po’ come quando da genitori non si dà il tempo ai figli di fare le cose, non si ha la pazienza di farli imparare: si è davanti a un mondo nuovo e questo richiede tempo, pazienza e sostegno. Non è una richiesta vittimistica di aiuto, ma è un invito a fare un passo indietro, a trattenere certe esternazioni, a dare tempo, concedere spazio e dare la possibilità di imparare sbagliando.

Quindi, come faccio a capire se sono una brava mamma? Una risposta universale a questa domanda non penso esista, perché il vero problema è la domanda, che è sbagliata. Non esiste un decalogo da seguire con votazione finale, esistono solo i bambini che sono uno diverso dall’altro, con tempi, ritmi e esigenze diverse. C’è naturalmente un linguaggio fatto di gesti da capire, di comportamenti da interpretare e gestire, di emozioni da elaborare.

Un genitore può solo provare a fare del suo meglio, seguendo ciò che ritiene più giusto, documentandosi e soprattutto facendo quello che è nelle sue possibilità.


Se siete interessate ad approfondire questi argomenti trovate il corso di Dalila Coato  sulla piattaforma Next Mamma.